Ferretto (Liguria): “Canottaggio con 2 talloni d’Achille. Il mio sogno chiamato Pra’”

Le associazioni liguri affiliate alla Federazione Italiana Canottaggio, quest’anno, sono 17, ben 5 delle quali centenarie. Un numero che sostanzialmente non varia da parecchio tempo. “Colgo l’occasione per fare i miei più sinceri auguri alla Canottieri Sampierdarenesi che quest’anno raggiunge i 100 anni di attività, alla Canottieri Argus che tocca i 110 e al Rowing Club Genovese che con i suoi 130 anni rappresenta una delle più antiche Società a livello nazionale” sono parole di Francesco Ferretto, presidente FIC Liguria.

Gli atleti tesserati mediamente si attestano sui 450/500. “Dato che stiamo costantemente tenendo sotto osservazione in quanto è da qualche anno che tende purtroppo a diminuire, in linea con i dati istat”.

Le Società fino all’anno scorso hanno sempre organizzato tre/quattro regate regionali ed una a livello nazionale. “Quest’anno la Federazione ci aveva assegnato l’organizzazione dei campionati italiani in tipo regolamentare ma a causa sia della pandemia e sia delle condizione del campo di regata di Prà, abbiamo dovuto rinunciare. Inoltre la nostra regione si è sempre distinta nella specialità del coastal rowing dove mediamente ogni anno, prima del Covid-19, venivano organizzate dalle 4 alle 5 manifestazioni spalmate su tutto il territorio, da Sestri Levante a Sanremo”.

Prima dell’arrivo del Covid-19, quali i principali obiettivi raggiunti dal tuo Comitato/Delegazione?
“Uno degli obiettivi che ci eravamo proposti era quello di incrementare, dare più spazio e quindi rendere più visibile il settore giovanile anche e soprattutto attraverso l’attività della rappresentativa regionale. L’obiettivo è stato parzialmente raggiunto, non tanto per i risultati ottenuti, di tutto rispetto, quanto per il numero degli atleti coinvolti. Il lavoro della commissione tecnica regionale, pur con tutte le difficoltà riscontrate, ha certamente dato un impulso positivo al movimento, a mio avviso migliorabile se riuscissimo a destinare ulteriori risorse umane e finanziarie al settore. I numeri però, sono impietosi, non solo a livello regionale ma pressoché su quasi tutto il territorio nazionale, e ci raccontano che la perdita di atleti, il cosiddetto abbandono, avviene principalmente in due momenti. Il primo, e parliamo di numeri da far tremare i polsi (mediamente il 40/50% degli atleti) nel passaggio tra la categoria giovanile e quella agonistica – da cadetti a ragazzi. Questo fenomeno purtroppo non è preso in debita considerazione in quanto, in numeri assoluti, la perdita non è evidente perché compensata dai nuovi tesseramenti. E’ qui che secondo me bisogna concentrare maggiori sforzi e risorse per contenere questo fenomeno e creare le condizioni affinché gli atleti trovino le motivazioni giuste per continuare a frequentare le nostre società. Il secondo “tallone d’Achille” si concentra più o meno intorno ai 17/18 anni, quando agli atleti si chiede sempre più disponibilità, dedizione e sacrificio. Anche qui un abbandono da grandi numeri! A mio avviso una soluzione potrebbe essere quella di creare due percorsi agonistici distinti in modo che chi inizia l’attività intorno ai 15/16 anni non debba confrontarsi da subito con chi ha già esperienze pluriennali. In definitiva abbassare la categoria esordienti alla soglia dei 15/16 anni”.

Quali sono le maggiori problematiche che ti hanno manifestato le tue Società a causa del Covid-19?

Dal punto di vista tecnico, come per tutti, aver interrotto bruscamente la preparazione. Poi, con un po’ di fantasia, con qualche brillante idea innovativa, gli allenatori sono riusciti comunque a tenere sotto “pressione” i loro ragazzi. Il colpo più duro, però, lo hanno subito le Società con perdite dal punto di vista economico/finanziario non di poco conto. Basti immaginare ai mancati tesseramenti, all’annullamento dei corsi a tutti i livelli, alla chiusura, per le società più strutturate, delle attività collaterali, fonte strategica per il mantenimento dell’equilibrio di bilancio”

Quale valore assume l’intervento della FIC?  
Certamente è molto positivo che la Federazione abbia recepito il “grido di dolore” proveniente dalle Società e credo che, nell’urgenza di mettere in campo qualcosa per alleviare le ferite, un aiuto sia arrivato. Personalmente mi sarei più concentrato su sostegni diretti piuttosto che verso contributi su acquisti di nuove attrezzature. Per far capire meglio, il Covid-19 non è un’evento atmosferico che ha distrutto le imbarcazioni o le attrezzature che devono essere sostituite, ma ad essere messo in discussione è stato il tessuto sociale, la tranquillità economica ecc. ecc. Questo bisogna ricostruire, facendo riavvicinare le persone che si sono allontanate creando entusiasmo e condivisione, sperimentare nuovi canali comunicativi…”.

Quali, invece, le misure di sostegno adottate dalla Politica locale?

Alcune misure specifiche sono state adottate e apprezzo sinceramente la buona volontà da parte delle amministrazioni locali. Certo la ferita è stata grande per tutti gli sport e arrivare a soddisfare le aspettative di ognuno sarebbe per chiunque un lavoro titanico”.

Quali i progetti da realizzare?

“Uno solo e sarei la persona più felice del mondo! Mettere la parola fine all’annoso problema della gestione del campo di regata di Genova Prà. Nel 2019 l’Amministrazione Comunale ha modificato sostanzialmente le concessioni demaniali in essere sul campo di regata e ad oggi non si è ancora riusciti a trovare una soluzione condivisa con tutti i fruitori dell’impianto. Troppi gli egoismi, troppi gli scatti in avanti e le contrapposizioni anche pretestuose di alcuni. Occorre che ognuno faccia un passo indietro, che sia preminente il bene comune rispetto alle aspettative e alle pretese dei singoli soggetti”.

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