L’oro della dignità. Il ritiro di Marcello

Marcello ad Amsterdam dopo il successo ai Mondiali

Gli atleti rimpianti, in genere, salutano così e si sentono sempre dire. “Ma perché smetti? Avresti potuto rimanere almeno un anno ancora!”. Ma loro sanno, in genere, quando è il momento giusto per appendere i remi al chiodo e dedicarsi a questioni altrettanto stimolanti, come una famiglia che giustamente richiede la massima attenzione. Meglio smettere quando si è ancora in buon momento di forma per non dar conto ai maligni di poter sussurrare a orecchi indiscreti. “Ma che ci fa ancora qui? Perché non si è ritirato un anno fa?”. 

L’assenza di Marcello Miani farà rumore. Trentatré anni, sanguigno romagnolo, chiude la sua carriera con una vittoria e con un dispetto, l’ennesimo, riservato ai colleghi Senior.  E’ il suo trentesimo titolo italiano, con i colori dei Carabinieri,  conquistato nel doppio assieme a Stefano Oppo.  Nel quadriennio di Pechino 2008, arriva a un passo dal Paradiso. Quattro equipaggi di pari livello in lotta per il titolo e per una medaglia olimpico: destino vuole che il “rametto corto”, il quarto posto, resti in mano proprio al doppio azzurro Miani-Luini, già secondo ai Mondiali 2006 e successivamente, nel 2009 (anno del bronzo iridato), vincitore anche della classifica di Coppa del Mondo. Il 2010 è un anno di gioia e dolore. Di gioia, perché  novembre dall’altra parte del mondo, a Lake Karapiro, vincerà un fantastico titolo mondiale nel singolo Pesi Legger. Di dolore, perché un mese dopo saluterà per sempre papà Luciano, primo tifoso e sprone per la sua crescita.

Padrone nel mondo nel singolo PL ma giù dalla barca olimpica. Cambia treno in corsa Miani ed eccolo salire a bordo del 4 senza PL: la “chiave di volta” di un giovane equipaggio che trova la giusta sincronia per andare a vincere l’argento al Mondiale di Bled. Poi l’annus horribilis di Rio de Janeiro, ci sta anche quello nel cammino della maturità e poi altri 4 anni: il primo, 2013, dedicato al primo tassello della felicità: il matrimonio con Irene.

Il rientro in pista nel 2014. Travagliato, bloccato oltre un mese dalla polmonite, ma scoprendo velocemente la fine del tunnel: campione mondiale ad Amsterdam 2014, ancora nel singolo. Dito al cielo, come 4 anni prima. Sull’altalena si può salire velocemente e, nello stesso modo, scendere. L’anno dopo, la difesa del titolo mondiale si conclude con l’ultimo posto in finale B. Marcello si ricorda di esser ancora “chiave di volta”: a giugno in Coppa del Mondo, 6 settimane prima della sua terza Olimpiade, centra l’argento tornando a bordo del “suo” doppio PL con Andrea Micheletti a distanza di molto tempo. A Rio 2016, la finale sfumerà per poco più di un’inezia:  22 centesimi.  Il resto è il presente.

Di Marcello ricorderemo la capacità di adattarsi alle situazioni create dai “momenti storici”, i famosi treni cambiati in corsa senza piangersi addosso per le occasioni sfumate, e la schiena dritta, più semplice da spezzare che da piegare. Lontano dai compromessi.  Nello sport come nella vita, l’oro di Marcello si chiama dignità.

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