“La Federazione che rappresento deve poter continuare a lavorare serenamente senza ombre di sospetti o sabotaggi”. Così, in un articolo pubblicato dalla Gazzetta dello Sport, si esprime oggi il presidente della Federazione Italiana Canottaggio, dopo la denuncia di Niccolò Mornati al tribunale di Roma. Una presa di posizione forte nei confronti dell’azzurro di Mandello del Lario, dopo la presentazione di denuncia contro ignoti e il polverone sollevato dalle sue dichiarazioni nell’intervista a Repubblica (clicca qui).
Il Presidente del Coni (e dell’Aniene, club di Niccolò) rispetta la scelta dell’Atleta (clicca qui) e io, considerando il suo ruolo di rappresentante dell’intero movimento remiero (e della sua integrità e onestà morale), vorrei far lo stesso con Giuseppe Abbagnale.
Interpreto, infatti, le sue parole soprattutto a difesa di tutta la Nazionale e non specificatamente contro Niccolò Mornati. Vorrei, ma non posso per una precisa ragione temporale. Abbagnale sembra usare due pesi e due misure. Ora il nostro Presidente federale si scaglia contro Mornati, “ritengo non si possa lanciare un’accusa così pesante contro tutto l’ambiente senza riscontri oggettivi”, ma questo pensiero, in riferimento al “sabotaggio”, avrebbe dovuto esternarlo non ieri venerdì 10 febbraio 2017 ma ben prima. Precisamente lunedì 18 luglio 2016, quando in un’intervista di Adnkronos (clicca qui), ripresa da alcuni giornali, l’allora DT Giuseppe La Mura così si esprimeva. “Conoscendo molto bene Niccolò sono convinto della sua innocenza e penso sia stato sabotato”.
Pertanto, Abbagnale dovrebbe spiegarci la logica per cui se a evocare il sabotaggio è il Direttore Tecnico va bene (e, da Presidente, non dico niente) ma se invece è l’Atleta allora mi muovo subito, addirittura dal Giappone, per bacchettarlo pubblicamente. Ah, la coerenza…