La storia, travagliata, del 4 senza Pesi Leggeri a lieto fine è l’immagine più bella di questo settore. Nessuna recriminazione per un quarto posto che, è vero, significa aver mancato la conquista della medaglia ma, in rapporto alla via crucis del primo biennio e delle tappe di Coppa del Mondo della terza e quarta stagione, è realmente tanta manna.

La vittoria in semifinale e una finale da protagonista in Brasile. Anno dopo anno in crescita, con il primo reale acuto ad Aiguebelette: tra le prime sei potenze mondiali dopo tre anni (Londra 2012-Chungju 2013-Amsterdam 2014) di infernali finali B. Al contrario, il cammino del doppio leggero: a ridosso del Paradiso nelle prime tre stagioni (due quarti e un quinto posto), con gli argenti in Coppa del Mondo, poi la decisione di cambiare Ruta con Miani soltanto a pochi mesi dall’Olimpiade, il ritorno sul podio a Poznan e infine quei fatali due decimi nel confronto in semifinale a Rio con la Polonia. Italia ancora fuori dalla finale, come 4 anni fa. Resta, per il settore olimpico, la sensazione di un quadriennio da incompiuti.
Rio meglio di Londra, anche se alcun metallo ci torna al collo, ma il confronto tra i due quadrienni del settore Pesi Leggeri, sotto il profilo dei risultati, è imbarazzante. Nelle specialità olimpiche, sotto la direzione di Giuseppe Polti (riconfermato nel 2013 ma inizialmente solo per la carpenteria e poi per il College), quattro medaglie (due argenti e due bronzi tra il 2009 e il 2011) a zero.
Tanta attenzione del caposettore Antonio La Padula e del suo staff per rinforzare doppio e 4 senza si traduce, purtroppo pure tra mille polemiche, anche nei negativi risultati delle specialità non olimpiche. Tutti giù dal podio nel 2015, tutti fuori dalla finale nel 2016. Un forziere svuotato della metà: 10 a 5.