“Vorrei tanto scoprirle da solo le Olimpiadi dei grandi!” E così, eccoci qui, a Rio de Janeiro. Marco Di Costanzo, in un’intervista rilasciata a CanottaggioMania (clicca qui) nel settembre 2013 dopo una splendida stagione in 2 senza assieme a Matteo Castaldo, aveva detto di esser disposto a tutto per coronare il suo sogno olimpico.
Lui l’aveva già provata quell’emozione a cinque cerchi, sei anni fa a Singapore assieme a Bernardo Nannini. Allora fu la prima rassegna dei Giochi Olimpici giovanili ma riuscì comunque, a pieni polmoni, a respirare l’aria del grandissimo evento. Sport, stili di vita, religione: un vero e proprio confronto a 360 gradi con ragazzi di altre nazioni, all’insegna dell’integrazione e della continua scoperta attraverso momenti di gioco e scambio culturale. Rio de Janeiro, naturalmente, sarà tutt’altra cosa ma una manciata di ricordi di quell’estate 2010, nel proprio bagaglio, Marco l’avrà inserita sicuramente.
Quattro anni di sacrifici, ma “non è una rinuncia ciò che scegli di fare liberamente”. Ricordo Marco poco più che ragazzino, a 17 anni, al suo primo Mondiale Junior. Spensierato e sbarazzino. In Francia, in più di un’occasione, il pensiero andava al padre che non vedeva da 4 mesi perché sempre impegnato al lavoro su navi da crociera.
Marco ed alcuni suoi compagni d’Ammiraglia, cito Giuseppe Vicino, Enzo Abbagnale, Roberto Bianco e il timoniere Enrico d’Aniello, mi hanno fatto capire come si possa naturalmente vedere da due prospettive diverse due medaglie dello stesso colore. Il bronzo del 2009 a Brive La Gaillarde: l’apoteosi della gioia, una festa continua lunga oltre 24 ore (praticamente sino a Linate…). Il bronzo del 2010 a Racice: una mazzata tremenda, un mare di lacrime e facce livide di rabbia. Chissà oggi, a distanza di qualche anno, cosa sarà rimasto dentro di loro di quelle due esperienze. In quel periodo, al fianco di Di Costanzo allora tesserato per il Posillipo prima di passare successivamente alle Fiamme Oro, Lello Polzella (mentore, secondo padre) e Mimmo Perna.
Sfoglio una pagina, arrivo al 2011 e ricordo quell’infinito confronto con la Germania in finale nel 4 senza assieme a Vicino (enfant prodige, era ancora Junior!), Ponti e Paonessa. Tedeschi sfiniti nell’ultimo atto del Mondiale Under 23, ma comunque davanti per due fottuti decimi. Sembrava, “quel piccolo bambino testardo” (così si autodefiniva nel 2013), non dovesse percorrere molta strada nel Canottaggio. Il 2012, addirittura fuori dalla finale nel 4 con… E invece, a settembre di quell’anno, eccolo metter fuori la faccia agli Europei di Varese.
Quadriennio nuovo, vita nuova. “Non volevo lasciarmelo sfuggire quello spazietto in Nazionale. Allenarsi ed avere la giusta mentalità, soprattutto nei momenti più duri è stata la chiave di volta per il salto di qualità”. La vittoria ai Giochi del Mediterraneo, l’argento in Coppa del Mondo dietro i mostri sacri neozelandesi, il sesto posto ai Mondiali. Un 2014 più faticoso, perché è l’anno in cui la concorrenza aumenta e allora, nella ventosa Amsterdam, la finale sfugge di poco.
Dal 2 al 4 senza per un sabato 5 settembre 2015 da cuori immortali, giornata che ricorderanno in tanti perché 20 anni dopo Tampere, nella barca Regina, l’Italia può tornare a rivedere tutti i propri avversari dall’alto in basso. Marco, “il piccolo bambino testardo”, è campione del mondo assieme a Peppe Vicino, suo compagno di barca e di bizze giovanili ai Mondiali Junior, Matteo Castaldo (“un guerriero con la mentalità vincente” parole di Marco) e il giovanissimo, appena 21enne, Matteo Lodo. Da non dimenticare i quattro argenti in Coppa del Mondo, l’ultimo arpionato prendendo per la collottola un’Australia convinta probabilmente di dover fare i conti solo con la Gran Bretagna. Alla cassa, invece, c’è ancora l’Italia.
Chiaro che Marco avrebbe voluto affrontare Rio de Janeiro ancora a bordo del 4 senza, chiaro che scendere dalla barca poco più di un mese prima è difficile da accettare, ma farlo con questa dignità, calandosi immediatamente nella nuova sfida in 2 senza con Giovanni Abagnale, è da veri e maturi canottieri. Anzi, meglio ancora, è da uomini e uomini così, quando a 50 anni tracceranno un bilancio della vita, potranno contare su un piatto delle soddisfazioni molto più pesante di quello delle delusioni.