Ciao, Franco!

canottaggiomania_faggi_francoLondra 1948-Londra 2012. Passano 64 anni e Franco Faggi, assieme al suo capovoga Giuseppe Moioli, può tornare a riassaporare la città del grande trionfo. E’ vero che le “nuove” Olimpiadi sono di scena a Eton Dorney ma certamente, in Italia e in Gran Bretagna (ma non solo!), nessuno dimentica le “vecchie” disputate a Henley. Una settimana di ricordi e di emozioni, in particolare un pomeriggio di rinnovata gloria.  A Henley, la grande vitalità e lucidità di pensiero del buon Faggi, sprizzante gioia da tutti i pori per l’occasione, a volte si scontra con la misurata condotta (e scorza dura) del Moioli, per cui a parlare sono gli occhi luccicanti. E’ un reciproco abbraccio, una volta a contatto con la targhetta, a unirli nel commosso ricordo dei compagni Invernizzi e Morille. 

A due giorni dalla scomparsa del grande campione della Moto Guzzi, CanottaggioMania desidera ricordarlo a Henley in due modi: pubblicando uno scatto del 31 luglio 2012, al fianco della targhetta immortalante  la finish line dell’Olimpiade numero 14, e un articolo, grazie alla collaborazione dello storico Claudio Loreto, del Corriere della Sera del 10 agosto 1948, celebrante l’impresa del 4 senza della Moto Guzzi a firma di Ciro Verrati.

canottaggiomania_Londra1948“Il campo di regate di Henley è una delle più pittoresche installazioni del mondo, inquadrato artisticamente in una natura da idillio. Se non fosse così evidente la mano dell’uomo che in questo punto ha ritoccato perfino il letto e la sponda del fiume per piegarlo alle esigenze remiere, potremmo dire di trovarci dinanzi a uno dei più suggestivi scenari della campagna inglese che è la cosa più bella che possa offrire l’Inghilterra al visitatore. Lo sfondo è tutto d’un verde cupo e lungo le due rive i salici si piegano a carezzare la superficie dell’acqua. Oggi poi la pioggia ha concesso una tregua e sulla superficie appena increspata del Tamigi si specchia un cielo di nuvole in fuga. Le numerose tribune sono spaziose e i prati intorno e i viali di accesso sono così lucenti e pettinati che si ha l’impressione di trovarsi in un ippodromo più che in un campo remiero. La tribuna dei giornalisti è invece costruita su palafitte, quasi al centro del fiume, e vi si accede un po’ acrobaticamente attraverso una lunghissima passerella. Le tre corsie d’acqua sono nitidamente delimitate e ai lati lungo tutti i due chilometri circa di percorso si affollano le barche che recano quasi tutte un’intera famiglia che alle cinque in punto aprirà il suo termos e prenderà con compunzione il suo immancabile tè. Le sponde naturalmente sono gremite e fino dalla mattina è cominciata da parte degli Inglesi l’occupazione pacifica dei primi posti dell’impareggiabile teatro. Cerimonia che non stanca Questo è lo scenario sul quale oggi l’Italia si è conquistata un nuovo alloro olimpionico vincendo nella gara del «quattro senza timoniere» con l’armo della Moto Guzzi di Mandello Lario. Il «quattro senza» è, secondo gli Inglesi, che in materia fanno testo, lo scafo più classico, quello della tradizione pura, e infatti con questa imbarcazione alle Olimpiadi essi hanno vinto sempre, salvo a Berlino quando furono primi i Tedeschi. E’ perciò che essi alla fine non si stancavano di farci complimenti e di stringerci la mano, di pronunciare indecifrabili parole ammirative. E così anche sullo specchio d’acqua di Henley, il più famoso campo di regate del mondo, abbiamo visto salire il nostro tricolore e abbiamo ascoltato l’Inno di Mameli. Possiamo assicurarvi che è una cerimonia che non stanca affatto, tanto più che ora le bande inglesi hanno finalmente imparato come si suona l’Inno di Mameli. Non possiamo dire che questa vittoria fosse già scontata ma è certo che su di essa facevano perno le nostre speranze, tanto più che la precedente gara, quella del «due con timoniere», che sulla carta pareva doversi svolgere in nostro favore, ci aveva un po’ delusi. Appena dato il via al «quattro» la barca italiana si è portata in testa, e dopo cento metri aveva già guadagnato tre quarti di lunghezza all’armo danese e una lunghezza e mezzo a quello americano. Quest’ultimo, per la verità, è rimasto sempre staccato e non ha mai preso parte viva alla lotta. A cinquecento metri il primo segnalatore visivo, installato alla riva, ci avvertiva che il distacco era di una lunghezza e mezzo tra l’armo italiano e quello danese e intanto l’altoparlante ci diceva che l’armo italiano batteva 32 palate al minuto. A settecentocinquanta metri una nuova segnalazione: armo italiano con due lunghezze di vantaggio, 34 palate al minuto. Per altri settecentocinquanta metri le posizioni non cambiavano, a parte il fatto che gli Americani perdevano sempre più terreno. Una briciola di gloria E così arrivavamo a millecinquecento metri. Ormai i binocoli erano superati, si delineavano chiaramente gli scafi, si distingueva il ritmico movimento dei vogatori e le pale che luccicavano nell’uscire dall’acqua. In questo momento il segnalatore visivo ci avverte che il distacco fra Italia e Danimarca è di una imbarcazione sola. Resisteranno al bruciante finale dei Danesi? I nostri cuori trepidano anche perché abbiamo la sensazione che gli Italiani sono un po’ stanchi: i quattro ragazzi di Mandello Lario evidentemente avevano preso un po’ fiato, prima di attaccare il serrate, e infatti negli ultimi duecento metri il loro ritmo diventava travolgente e li vedevamo tagliare il traguardo senza più batticuore con oltre due lunghezze di vantaggio. Invano i Danesi facevano appello a tutte le loro energie. All’arrivo i nostri avevano la forza di gridare e di sorridere; i loro avversari quasi si abbattevano sugli scalmi. I quattro atleti che ci hanno offerto questa nuova vittoria sono Moioli, Morille, Invernizzi e Faggi. E’ bene ricordare i nomi, visto che da noi lo sport del remo offre niente quattrini e soltanto una briciola di gloria”

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