“Credo che le esperienze, belle o brutte che siano, aiutino a crescere e migliorarsi”. E’ l’approccio di Giuseppe Garofalo nel messaggio trasmesso a CanottaggioMania. Siciliano, un curriculum sportivo di ampio respiro tra gli oltre 15 anni trascorsi nel mondo del Canottaggio (campione italiano Universitario e amante del Coastal Rowing), il recente avvicinamento alla Corsa su Strada (10 km e mezze maratone) e all’Apnea. Laurea in Scienze Motorie con successivo conseguimento del diploma di Osteopata.
Giuseppe Garofalo può apparire come un nome non molto conosciuto del Canottaggio, ma forse in giro per l’Italia ci sono diversi Giuseppe Garofalo, ovvero allenatori o addetti ai lavori che, pur tenendo il proprio pensiero al riparo da un giudizio, sono d’accordo con lui. E’, infatti, il primo a esternare pubblicamente un pensiero molto forte su alcune questioni tecniche.
“Posso confessarvi di aver avuto anche un certo senso di superiorità quando, nel confrontarmi con altri sport, vedevo che la fatica di un allenamento di canottaggio, non aveva eguali. Quindi pensavo sempre: ‘Il canottaggio è lo sport più duro, tutti gli altri si divertono’. Se consideriamo che un canottiere di 15-16 anni deve allenarsi già dalle 2 alle 4 ore al giorno, non credo proprio che si diverta! Né tantomeno, credo possa avere una lunga carriera agonistica con questi ritmi!”.
La FIC e l’attività giovanile. “L’Italia è tra le nazionali Junior più forti al mondo, anche a livello under 23 si fa rispettare ma a livello olimpico, siamo stati sempre tenuti a galla dagli irriducibili talenti come i fratelli Abbagnale, Alessio Sartori, Rossano Galtarossa, Leonardo Pettinari… Purtroppo nei vivai sportivi, non ci sono tutti Abbagnale, Sartori o Galtarossa… Siamo una nazione piccola, dove lo sport non viene promosso nelle scuole come in altri paesi, dove non si investe nelle stesse proporzioni e dove i ragazzini di oggi preferiscono fare calcio piuttosto che impugnare un remo (e rovinarsi le mani…a proposito: “perché non vi mettete i guanti?” Direbbe un ignorante in materia.. 🙂 vai a spiegarlo”
La FIC e i talenti. “Un talento allenato male è quasi sempre più forte di un atlete allenato bene. Questo è il mio modesto pensiero. Quei pochi talenti che possono sopportare i volumi e le intensità di allenamento proposte dalla Federazione sopravvivono e fanno risultati.
La FIC e il programma d’allenamento. “Applicare lo stesso programma di allenamento a tutti i canottieri d’Italia mi sembra un’assurdità per tre principali motivi
1) Prima di tutto, perché i canottieri non sono tutti uguali. C’è distinzione tra adolescenti e adulti, tra principianti ed esperti, tra talenti e atleti normalissimi.
2) Si inibiscono gli allenatori a trovare nuove metodologie di allenamento, magari migliori della Federazione. Del resto nell’atletica leggera, come in altri sport, non ci sono programmi di allenamento sacri, che sono l’unico punto di riferimento.
3) Se questo “Sacro” programma di allenamento dovesse essere sbagliato…tutta una nazione, con centinaia di atleti, si troverebbe con una preparazione sbagliata!”
Proprio in riferimento al primo punto, mi viene da aggiungere un’altra considerazione. Tutti gli allenamenti, le tabelle e valori dei test sono stati realizzati sui parametri degli atleti d’élite, non credo proprio che in Federazione si mettano a studiare i valori di un atleta di medio/basso livello, e questo ha sempre portato gli allenatori a pretendere dagli atleti normodotati (il 99% di tutti gli atleti) di diventare forti eseguendo gli stessi allenamenti dei talenti. Questa cosa non è possibile e infatti per poter eseguire il programma di allenamento federale o ci si infortuna, oppure si semplifica il programma a proprio piacere.
La FIC e i corsi allenatori. “Da anni, i corsi allenatori servono a sfornare altri allenatori che non hanno nient’altro da propinare agli atleti se non il programma federale. In questa maniera, mettendo da parte l’aspetto della metodologia d’allenamento, la bravura di un allenatore si riduce esclusivamente all’aspetto tecnico (correzione del via di mani, dell’entrata lenta, dell’anticipo di busto ecc.) e a volte, psicologico. Per me, un allenatore bravo deve fare uscire il 100% delle potenzialità dell’atleta che si trova davanti. Se da un atleta apparentemente mediocre si ottengono dei buoni risultati, secondo me il suo allenatore vale più di un collega che, trovandosi tra le mani un atleta forte, ottiene buoni risultati con allenamenti sbagliati. Quindi un buon allenatore, secondo me, è colui capace di correggere tecnicamente l’allievo, ma anche di personalizzare l’allenamento in base alle caratteristiche fisiche, fisiologiche e aggiungo anche psicologiche”.
La FIC e la metodologia. “Posso accettare delle linee guida, dei test in comune per misurarci tutti alla stessa maniera (non di certo i 4×4475 mt…un 2000 secco, non va bene??) La Nuova Zelanda chiede un tempo sui 2000 e sui 5000,stop. Non accetterei un programma che preveda una media di oltre 22 km al giorno di voga! Per non parlare degli allenamenti di corsa da aggiungere ai km di voga, come gli 80 minuti e 40 minuti di corsa, ognuno, due volte a settimana (dai 40 ai 50 km)! Vi garantisco personalmente che per correre la mezza maratona a 3,40/km faccio meno km di un canottiere! Incredibile!”
La FIC e l’errore di fondo. “Vogliamo parlare delle celeberrime 10×3000 domenicali? 34 km in una seduta di allenamento per una gara di 2 km? È come se io dovessi prefissarmi di correre 250 km in un giorno per preparare una mezza maratona! E se volessi preparare la maratona?”.
La FIC e il passato. “Siamo nel 2015 e la metodologia dell’allenamento ha fatto progressi. In passato, si pensava che il campione fosse colui che si allenava di più. Forse questo concetto, in Federazione, non è stato ancora superato. Ed allora mi pongo diverse domande a cui, spero, qualcuno possa rispondermi. Com’è possibile pretendere di fare risultati migliori, applicando metodologie di allenamento identiche a quelle di 15-20 anni fa (se non di più)? Se prima, negli anni ’90, eravamo la nazione da imitare (sia come tecnica che come allenamento), adesso nessuno si è accorto che ci sono nazioni come Gran Bretagna, Nuova Zelanda, Usa e tante altre che si sono spartiti il medagliere nelle ultime 3 Olimpiadi? Altra domanda: possibile che nessuno abbia notato che i programmi federali siano stati disegnati su atleti d’élite? Atleti con valori fisiologici al di sopra del comune, con capacità di recuperare più velocemente? È normale che un atleta che gareggerà in otto faccia lo stesso allenamento di un singolista? Supponiamo che l’otto faccia 6 minuti e il singolista 7′ e 20. La differenza, di circa 80 secondi, non dovrebbe essere accompagnata da programmi di allenamento differenti? In altri sport cambiano un bel po’ di cose della preparazione se una gara dura pochi secondi in più.
Conclusione. “Spero di essere stato abbastanza stimolante da risvegliare tutti gli allenatori di canottaggio da questo sonno profondo.Possibile che nessuno abbia il coraggio di uscire fuori dal coro? Immagino che qualcuno sperimenti qualcosa di diverso dal programma La Mura, ma probabilmente non ha il coraggio di parlare . Capisco pure che ai raduni si fanno le stesse cose del programma federale, quindi se il vostro atleta non è in grado di fare 10x 3000 al remoergometro, magari lo mandano a casa…Ma se nelle gare selettive, il vostro atleta arrivasse avanti a tutti, grazie un programma di allenamento diverso da quello federale, cosa fareste e soprattutto i vostri colleghi federali cosa farebbero”.
Caro Giuseppe,
Io non mi metterò a discutere di metodologie di allenamento, in quanto non essendo un fisiologo non mi sento di poter esprimere un giudizio che avesse delle chiare risposte. Quello che ti posso dire e che se anche in linea di principio posso darti ragione (e anche alcuni trainer ti danno ragione) rimane il fatto che nazione come la NZ e la GB che sono tra le piu vincenti degli ultimi anni anche se con metodologie diverse fanno dei volumi di lavoro simili se non superiori (la NZ ha diversi allenatori che usano principi diversi ma il loro allenatore piuù famoso Dick Tonks, è famoso per la severità dei loro allenamenti: tanto e vero che il loro 2- ha deciso di cambiare perchè avevano paura che la mole di lavoro li avrebbe costretti ad un ritiro anticipato) e in più Mike Spracklen ha dei sistemi simili a quelli del dottore anche se ho la chiara impressione che non sappia veramente perchè li stia applicando.
Quindi se il criticismo lo vogliamo fare non lo possiamo fare comparandoci con quelle nazioni perchè sarebbe un po’ illogico.
Riguardo il discorso dei corsi allenatori ti posso dire che in tutte le nazioni il tentativo e quello di rendere gli allenatori un gruppo omogeneo perche in questa maniera si riesce a mettere assieme equipaggi con caratteristiche tecniche e fisiologiche simili. Io seguo corsi allenatori in Canada e USA e le cose sembrano essere molto simili. Da i miei amici che vengono dall’Australia e UK ho sentito cose simili.
Ringrazio Giuseppe Garofalo di averci dato la sveglia e attendo prossimamente la sua discesa in campo come allenatore così avrà modo di spiegarci le sue teorie. Detto questo, ritengo il suo intervento più soporifero che stimolante. Non credo di aver mai letto, tutte insieme, una quantità simile di banalità ed ovvietà. Forse Giuseppe ci sottovaluta un pò credendoci una massa di allenatori pecoroni che eseguono passivamente i programmi del Dott. La Mura. Caro Giuseppe, il Dott la Mura sa benissimo che non tutti gli allenatori italiani seguono il suo programma; vuoi per motivi logistici organizzativi e vuoi perchè proprio non ci credono. Il Dott. La Mura però ci mette la faccia in questo senso e cioè “..io faccio così, se voi volete… fate diversamente”. Io non condivido diverse cose del suo programma e della sua impostazione, però gli rendo onore perchè ha il coraggio di sostenere le sue tesi. Gli si potrà imputare di essere autoritario, anche troppo vecchio se vuoi ma non di esser un cretino ne tantomeno l’ultimo arrivato!!! Però Se tu però, Giuseppe, sei più bravo…allena qualche equipaggio e dimostra che le tue idee funzionano. Buon lavoro ! 😉
Se per questo, Andrea Pareschi, anche io c’ho messo la faccia, e ne vado orgoglioso che un buon numero di persone si rispecchiano nel mio articolo.
Prima di tutto, non ho mai dato dei “pecoroni” agli allenatori, nè tantomeno mi sognerei di dare del cretino al Dottor La Mura che ha dato tantissimo al canottaggio italiano (perché devi mettermi in bocca cose che non ho detto?).
Ho esposto dei concetti chiari e limpidi:
Focalizzatevi sulla percentuale di abbandono di quei bravissimi juniores che smettono di remare da U23… (L’ultimo, ce lo ricordiamo tutti è Daniele Danesin).
Pensate un po’ a tutti quei giovani atleti che smettono per infortuni anche seri (ernie discali) pur di seguire il “programma”.
Pensate un po’ agli 80 minuti di corsa su un canottiere di 80-90 kg (non che i pl siano immuni dagli infortuni della corsa..)
Pensate a tutto quello che ho scritto e ditemi se non sono leciti i miei dubbi.
Il mio intervento è un invito a riflettere, non c’è nessuna prossima discesa in campo (Mi dispiace caro Andrea!). Faccio il mio bellissimo lavoro di Osteopata che vede giornalmente atleti di tutti gli sport che si ammazzano di allenamento per poi rovinarsi la salute. Se qualcuno vuole confrontarsi, magari si riesce a fare INSIEME un qualcosa di alternativo…altrimenti, fate voi!
Se non c’è confronto non si cresce e TUTTO CIÒ CHE NON CRESCE, MUORE.
A Marco B. posso ringraziarlo per aver condiviso le sue esperienze, ma se per esprimere un giudizio (che poi, per me è un parere) sugli allenamenti bisogna essere fisiologi, finiremo per stare tutti zitti.
Caro Giuseppe (continuo a darti del tu se non ti dispiace) ovviamente ognuno ha una propria opinione e il diritto di esprimerla. Quello che volevo dire è che non essendo un dottore in fisiologia non ho la conoscenza necessaria per ribattere un argomento a supporto o contrario alle teorie del Dottore (che tra l’altro sembrano sempre più spesso trovare conferma nel resto del mondo scientifico). Quello che ti posso dire è che ci sono altre teorie li fuori che sembrano sia supportare le tesi del Dr. La Mura che quelle contrarie al pensiero del Dr. La Mura. Io sono 32 che faccio l’allenatore. Ho iniziato con le “verità” di Nielsen e poi quelle di Korner e quelle del Dr. La Mura. Per poi passare all’estero e confrontarmi con altre realtà (UK, Canada, USA, Australia, Holland, NZ ect.) e ho potuto fare degli ampli paragoni e vedere che c’è del vero un po’ dappertutto. Come psicologo quello che secondo me fa ancora la differenza è quanto si crede nel programma. Quando l’atleta ha confidenza in quello che fa e riesce a vedere i risultati del suo lavoro ottiene risultati.
Condivido pienamente le opinioni di Giuseppe, e tra quello che dice mi preoccupa soprattutto il fatto che nei programmi di formazione dei tecnici ormai si insegna solo ad applicare il programma di allenamento di La Mura, senza alcuna attenzione alle problematiche dell’attività giovanile nè tanto meno allo studio dei principi della didattica e dei principi e della metodologia di allenamento. Provate a leggere bene il regolamento di iscrizione all’albo allenatori, e verificate quante ore vengono dedicate a questi argomenti sul monte ore totale di insegnamento.
Lo stesso insegnamento della tecnica di voga sembra dare quasi per scontato che chi sale in barca sappia già remare, compito del tecnico, già dal primo livello, è solo correggere eventuali difetti (le 4 ore di lezione prevedono insegnamento della teoria biomeccanica della tecnica di voga italiana, correzione delle anomalie del ciclo di voga e il ciclo di voga in situazioni particolari): e i fondamentali chi e come li insegna?
Pochissima attenzione sulle problematiche dell’attività giovanile, su 32 ore di lezioni teoriche solo 2 sono dedicate a questa attività.
Mi sembra che si dia per scontato che chi si avvicina a questi corsi abbia già fatto molta pratica per conto suo ( e infatti adesso è stato addirittura istituzionalizzato l’Aspirante Allenatore, la cui formazione è demandata al tecnico societario almeno di 2^ livello).
O forse si ritiene che nelle 116 ore di pratica si possano affrontare nella pratica tutti gli aspetti teorici.
Ma possiamo pensare che il tecnico che ha già il suo da fare a gestire una squadra agonistica abbia anche il tempo di gestire correttamente la formazione di suoi eventuali collaboratori in modo veramente professionale, e in questo intendo spiegando e insegnando i principi che sono alla base del suo lavoro, o invece non si limiterà a dire: fai questo o fai quello, non fare questo e non fare quello?
Qualcuno ha mai pensato, visto che i nostri programmi di allenamento prevedono molta corsa, di insegnare ai tecnici come si insegna a correre o come si corregge chi corre male?
Torno all’idea di fondo di Giuseppe: siamo veramente sicuri che solo allenandosi “di più” sia possa vincere, e che invece non si possa anche di allenarsi “meglio”, che non vuole necessariamente significare meno, ma curando bene anche la qualità e non solo la quantità del lavoro.
Quando, purtroppo ormai tanti anni fa, ero responsabile del settore femminile, venivano ai raduni atlete che si allenavano, a sentire sia loro che i rispettivi allenatori, sicuramente di più di quanto si allenavano le ragazze che allenavo io, eppure alle prove selettive le mie atlete vincevano e le altre arrivavano dietro: perchè?
Caro Marco, con me puoi andare tranquillo. Sarà sempre un piacere discutere con te, hai dei modi di confrontarti decisamente più costruttivi e rispettosi. Oltretutto hai un’esperienza davvero interessante che sarebbe bello condividerla con tutti.
Adesso andiamo su esempi concreti della metodologia di allenamento…e sono convinto che mi seguirai (non ho detto condividerai).
Il cuore di un canottiere, ci hanno sempre insegnato ai corsi allenatori e conferenze, dev’essere grande (di volume), come quello di un podista e forte (spessore pareti ventricolari), come quello di un pesista. Per questo motivo un canottiere lo fanno correre (come un podista) e gli fanno fare tanti pesi.
Quando però vedi su internet la foto del display del remoergometro del test sui 10000 di Hamish Bond, qualche dubbio ti viene.
Hamish Bond, a 29 anni, ha tenuto una frequenza cardiaca media di 185 bpm per circa 31 minuti. Negli ultimi 4 km addirittura, ha tenuto una media di quasi 190 bpm. Una così alta frequenza cardiaca (tenendo conto che ha 29 anni!) non si può spiegare altrimenti che con un cuore piccolo (no di certo come quello di un maratoneta) ma fortissimo, cioè con delle pareti cardiache spesse, che sanno vincere le altissime resistenze periferiche provocate dalla manovra di valsalva (apnea a glottide chiusa) durante la spinta.
Resta, come dici tu, che di km al giorno ne fanno anche loro, e quindi si allenano anche loro con volumi altissimi. (Ma chi dice che non sbaglino pure loro???).
Che ne pensi?
Beh se è per questo c’e un video su YouTube che fa vedere Murray is suo compagno di barca tenere 200bpm per 1 ora (https://www.youtube.com/watch?v=IOVmIrWZdWA). Applicavano lo stesso concetto di La Mura in cui cercano di migliorare la metabolizzazione del AL attraverso la muscolatura liscia (che e un concetto che e stato confermato anche da uno studio dell’Universita della Carolina del Nord se non mi sbaglio). Io come ti ho detto non ho abbastanza conoscenze di fisiologia da poter contraddire questa teoria o per supportarla pero devo dire che sembra che ci siano delle basi almeno teoriche.
Adesso che hanno un nuovo allenatore (che secondo me non sta migliorando la loro tecnica) il loro volume di lavoro e diminuito, pero non so se stanno semplicemente vivendo di rendita su i benefici fisiologici degli anni precedenti, oppure come dite tu e Franco stanno facendo un tipo di allenamento piu efficiente.
Il dottore dice che gli Italiani non hanno le strutture genetiche per competere con gli altri paesi. Io sono piu dell’opinione che quello che ci manca e un buon sistema per l’identificazione e la coltivazione dei talenti. Un sistema come quello italiano dove lo sport viene vissuto come un problema dalla scuola e non come un beneficio per i giovani. Questo vuol dire che alla fine il numero di ore spese dai nostri ragazzi a fare attivita sportiva e molto inferiore a quello degli altri paesi che integrano scuola e attivita sportiva in maniera migliore. Inoltre abbiamo anche lo svantaggio di una specializzazione fatta troppo precocemente. Anch’io essendo cresciuto con quella mentalita mi son reso colpevole di spingere giovani atleti troppo e troppo presto per cercare di ottenere subito risultati invece di guardare alle loro possibilita di sviluppo. Anche se bisogna dire che visto che una volta che sono arrivati ad eta universitaria non hanno praticamente piu possibilita di fare agonismo e di svilupparsi ulteriormente come succede nei paesi anglosassoni.
Chiudendo perche sto andando troppo per le lunghe. Ci sono senz’altro delle considerazioni che devono essere fatte a favore del programma La Mura. Rimane da vedere e provare se sia possibile ottenere risultati con programmi che siano piu “efficienti”. Ci sono nazioni che ci riescono ma noi non sappiamo (non abbiamo dati alla mano) se i risultati sono frutto di fattori genetici oppure di migliori allenamenti. Sarebbe bello poter fare uno studio longitudinale per poter comparare questi diversi modelli.
Secondo me Marco ha centrato il punto della questione, anche perché permettetemi di dire che non essendo più negli anni 70/80, la popolazione media e le misure antropometriche dei nostri atleti/ragazzi/adolescenti sono del tutto cambiate, nel senso che l’italiano medio non si può più incastrare nel limbo dei 187 cm.di altezza per 89 kg. di peso,quindi , di giovanotti di 200 e passa cm. di magari 98 kg ( e quindi con V-o-max al di sopra di livelli standard)ce ne sono a bizzeffe,in tutte le città italiane, da nord a sud, isole comprese!!
C’è solo il problema che questi ragazzi, o vanno a giocare a basket, o fanno pallanuoto, oppure fanno rugby…. Andatevi a vedere il college del San Carlo rugby a Milano ….per esempio…. Ragazzi , serve LA RICERCA DEL TALENTO,per il nostro sport, e vedrete che equipaggi di livello elite col tempo verrebbero fuori e vincerebbero..
P.s. Bond da giovanotto non ha vinto una fava… né da yuniores ne da (mi pare) da Under 23….. Ora lui è il suo socio dettano legge a tutto il mondo😳😳
Infatti Bond nel 2007 quando era ancora U23 vinceva direttamente le gare nella categoria assoluti compresi i mondiali !!!! 🙂
Il problema della ricerca del talento è che forse non abbiamo ancora individuato come farla.
Siamo sicuri che sia sufficiente mettere un ragazzino su un remoergometro e/o magari misurargli anche il V02 max, se non sappiamo che capacità fisiologiche di base ha?
Marco dovrebbe ricordarsi, visto che ha partecipato anche lui, che avevamo cominciato ad organizzare raduni per gli allievi nei quali si faceva una serie di batterie di test per la valutazione delle diverse capacità fisiche, per valutare il loro sviluppo in base alle diverse metodiche di allenamento.
Lavoro che è stato interrotto quando arrivò La Mura.
Sto cercando di recuperare quei dati, e sarebbe interessante confrontarli magari con quelli ottenuti ripetendo gli stessi test con gli attuali allievi, per renderci conto se i livelli di base sono gli stessi o sono cambiati.
Ma soprattutto potrebbe essere interessante confrontare quei valori con i risultati ottenuti nel tempo da quegli atleti.
E poi dovremmo poter avere pazienza e non voler forzare i tempi, soprattutto con i “giovani talenti” che vincono facilmente ma che poi purtroppo non riescono a fare il salto di qualità quando serve.
E allora torniamo al fatto che Bond ha avuto pazienza e perseveranza e ha cominciato a vincere quando serve veramente…….
Concordo pienamente. Se ti ricordi bene Rossano che a parte l’altezza avesse avuto dei valori piuttosto mediocri eppure e riuscito a diventare un grande campione. Mentre talenti molto piu evidenti come Baldan (che aveva dei risultati di VO2max che hanno impressionato cosi tanto Nielsen che e perfino venuto a parlare con me) hanno abbandonato precocemente. La mia esperienza personale e che il talento deve essere coltivato non solo fisicamente, ma anche psicologicamente. Capire le necessita del giovane e cercare di tenerle in considerazione durante lo sviluppo (cosa che non ho fatto con tua figlia e mi scuso tantissimo per questo, posso solo usare la giovane eta come scusante). La realta e che noi come nazione siamo una delle poche che prende seriamente la nazionale junior e per questo riusciamo ad ottenere dei risultati di rilievo. Quando poi questi giovani raggiungono la maggiore eta non hanno altra opportunita che entrare nelle forze armate se vogliono poter continuare con lo sport. Altrimenti l’universita cosi come e organizzata ora non da spazio ad attivita agonistica seria.
Potremmo stare a scriverci pagine su pagine..non so da dove iniziare! Ma mi fa davvero piacere che il dibattito si sia acceso.
Inizio dal commento di Franco Parnigotto.
Purtroppo sul discorso formazione, c’è tanto da migliorare, ritorno al discorso del confronto. Se tutti gli allenatori d’Italia si affidano ciecamente alle teorie di La Mura; se non esiste nello staff tecnico qualcuno in grado di uscire fuori dal coro e dire “La penso diversamente!”… Non si può crescere!
Aggiungo quindi che, ogni tanto, ci si può mettere in discussione, o no? Io dubito sempre, le certezze sono poche, ma vedere per vent’anni lo stesso allenamento, significa che questa auto-analisi non è stata fatta. In più i corsi allenatori non stuzzicano per niente la creatività…tirate voi le somme!
Purtroppo non abbiamo una controprova capace di dimostrare che tutti i migliori atleti della nazionale, gestiti con una metodologia di allenamento diversa, in mano a un bravo allenatore (no di certo io :-), circondato da uno staff capace di contraddirlo, possano raggiungere risultati migliori!
Come si fa a richiedere da un ragazzino di 16-17 anni, 10-12 allenamenti settimanali, considerato che va a scuola e dovrebbe permettersi di avere anche una vita sociale? Ditemi voi come fa ad eseguire completamente il programma se la giornata è fatta di 24h? Con questa metodica..quanti altri possibili talenti abbiamo perso per strada?? Atleti che avrebbero espresso il loro massimo potenziale a 25-27 anni (età media per una medaglia olimpica) e invece non vogliono più sentire parlare di agonismo? D’accordissimo quindi con la ricerca dei talenti, evitare la specializzazione precoce ecc.
Sul discorso genetico sono più del parere che ce la giochiamo alla stessa maniera con tutti, non siamo come nell’atletica, contro i jamaicani della velocità o i Keniani del mezzofondo! La differenza la fa la metodologia dell’allenamento e la tecnica.
……..vero…..ma….discorso diverso per il college Universitario di Pavia mi sembra di capire dalle dichiarazioni che escono dalle bocche dei ragazzi che lo hanno frequentato😕😕……..
Caro amico e collega, non voglio difendere il programma è la metodologia della Fic, hai scritto e detto tante cose giuste molto condivisibili…ma prima di dare il proprio contributo…sporchiamoci un po’ le mani…Non conosco il tuo curriculum di allenatore…e facile parlare bisogna fare…e come tu sai noi osteopati dobbiamo fare ..e far parlare i pazienti, con i risultati
Ciao Bruno, dopo che ho letto il tuo commento faccio fatica a capire cosa puoi condividere del mio pensiero…
Credi che “sporcarsi le mani” significhi allenare i ragazzi applicando un programma che non hai nemmeno fatto tu, ma La Mura? E dove te le sporchi le mani??? Certamente se ne fanno di sacrifici, ma dove sta la farina del tuo sacco negli allenamenti da far eseguire?
Scusami ma ragioniamo diversamente, preferisco avere una mente aperta ai cambiamenti, sperimentare cose nuove e uscire dagli schemi (di questi ultimi decenni, sigh!)
Vorrei che fosse questo lo spirito di tutti gli allenatori, soprattutto di coloro che possiedono un diploma isef o magari abbiano fatto un’esperienza all’estero.
A.A.A. CERCASI ALLENATORI DI AMPIE VEDUTE DISPOSTI A CAMBIARE!!!
Caro Giuseppe, vedo che sei ancora alle prese con il tuo post provocatorio. Provo anche io a dare il mio contributo; magari più ‘dolcemente’ che la prima volta 😉 Vorrei tu capissi che il programma di La Mura non è sacro, non è un dogma. Ognuno può fare quello che vuole. La Mura dà delle direttive, ti spiega come applicarle e ti mette anche in guardia da tue possibili modifiche. Nel senso che un programma così dettagliato lascia poco spazio agli adattamenti personali a meno che non siano dettati da problemi tecnico-logistici. Se vuoi, anche in quel caso la Mura ti dice “come” adattarlo. Insomma è un buon programma; ….e te lo dice uno che non lo segue completamente per motivi appunto di circostanze non favorevoli di tipo logistico.
Tanti anni fa, ad una delle sue prime conferenze, io gli feci una obiezione. Gli domandai come fosse stato possibile applicare i suoi programmi a degli atleti ‘normali’ che facevano una vita normale. Praticamente quello che ti domandi tu. La Mura, in maniera molto serafica ma professionale, mi rispose che Lui non doveva allenare tutta l’Italia ma gli atleti (pochi) che erano in grado di sopportare quel carico di allenamento. Mi disse: – ..perchè devo negare la possibilità a due o tre atleti di vincere le Olimpiadi??? – La FIC mi paga per fare il DT, non è compito mio la base. A questa risposta, dovetti tacere erchè aveva ragione Lui. Tutto il resto sono filosofie inutili. Ciao e buon lavoro 😉
Credo che il problema vero sia “tutto il resto sono filosofie inutili”.
A mio avviso un buon DT dovrebbe dare delle indicazioni che possano valere per tutti (vd. promozione e sviluppo della base, ricerca dei talenti) e poi pensare ai due o tre atleti che possono vincere le olimpiadi, perchè più larga è la base e maggiori sono le probabilità di “pescare” dei talenti. Mi sembra che pensare solo a questi ultimi sia riduttivo, e non fa crescere chi lavora alla base e potrebbe non sapere come “trattare” il ragazzino che si avvicina al nostro sport. E se non vuole farlo lui qualcun altro in federazione dovrebbe farsi carico dello svluppo dell’attività giovanile non intesa come ricerca del record dei partecipanti al Festival dei Giovani.
Con questa politica qui, Andrea Pareschi, la federazione non ha fatto altro che perdere un sacco di probabili medaglie olimpiche.
Vincere un campionato del mondo Juniores è meno importante di una medaglia d’oro olimpica, o sbaglio?
Mi sarebbe piaciuto vedere un Marco Ragazzi alle olimpiadi di Atene o Pechino, piuttosto che vincere il campionato del mondo juniores in SINGOLO (2000).
Mi sarebbe piaciuto vedere un Federico Gattinoni alle Olimpiadi di Pechino o Londra…piuttosto che vincere il campionato del mondo juniores in SINGOLO (2002). Possiamo continuare ancora se volete…
Dove sono finiti??? Tanti altri juniores che hanno vinto un mondiale e poi…scomparsi a “Chi l’ha visto”! Meteore!!!
Troppi ragazzi ho visto smettere poco più che ventenni… Atleti come Sartori, Galtarossa e pochi altri, te ne capitano una volta ogni vent’anni!
Neanche se fossimo una federazione con un milione di atleti, adotterei questa politica…perché come dice il buon Parnigotto (che non è l’ultimo arrivato come lo sono io): più larga è la base e maggiori sono le possibilità di pescare i talenti.
Quindi Andrea, capisco perfettamente che il programma di La Mura non è sacro, ma bisogna permettere a quanti più atleti possibile di esprimere il loro potenziale, e sono convinto che anche se non saranno dei Sartori o Galtarossa (non me ne vogliano gli altri), ci potrebbero diventare!
Un bell’esempio viene dall’atletica. La maratoneta Valeria Straneo…podista AMATRICE, che si trasforma alla “tenera” età di 35-36 anni in un atleta di calibro mondiale (medaglia d’argento ai mondiali 2013 di maratona).
Non è che per diventare ingegneri da grandi facciamo fare Analisi 3 in terza media…più di farlo capire con questa metafora non riesco!!! 🙂
CONCLUSIONE. Possiamo cambiare almeno gli allenamenti dei ragazzi-junior in funzione di una programmazione più coscienziosa??? Inizierei almeno da lì, visto che togliere decine di km di fondo ai senior sembra un eresia.
So di essere fuori dal tempo di questa discussione, ma credo che le cose non siano cambiate molto in meglio da allora, per lo meno dal lato formazione. Dei corsi allenatori se ne potrebbe parlare per ore. Non voglio approfondire più di tanto la mia personale esperienza, ma ho più o meno deciso di appendere il contacolpi al chiodo una volta concluso il corso allenatori di 2° livello. Corso svolto nel novembre 2014, insieme ai corsisti del 3° livello (già questa cosa a molto senso, che differenza c’è allora tra un 2° ed un 3° livello?), proseguito ad ottobre 2015 con esame in cui venni bocciato, per poi concludersi con il ri-esame a marzo 2016 (praticamente un parto).
La cosa sconcertante a mio avviso era il basso contenuto a livello teorico e pratico del corso. Per fare un esempio: l’argomento assetto imbarcazioni fu affrontato in aula, semplicemente “spiegando” la tabella La Mura. Fine.
Se ne è parlato si più al corso di primo livello che frequentai con Franco docente. Domande sull’argomento all’esame? Nessuna, perché d’altro canto non è una competenza che deve avere un tecnico.
Oppure probabilmente bastava fare pratica con il tecnico tutor ed allora ci si poteva risparmiare una settimana a Piediluco a nostre spese, pagando un corso 500 € che non ha aggiunto niente a quello che già sapevo (spero di non risultare presuntuoso, ma non ero l’unico presente al corso, che potrà confermare le mie impressioni). Per poi dover fare due volte l’esame, perché evidentemente non avevo capito niente.
Quindi a mio avviso il problema FORMAZIONE dei tecnici, rimane un bel problema della FIC, insieme al drop out ed alla scarsa popolarità dello sport, tutte cose che rischiano di fare implodere la federazione, che per sua fortuna si regge sulla passione di qualcuno che passa sopra ad ogni cosa, ad ogni torto subito, ad ogni rospo ingoiato e resiste. Ma non mi sembra sia la strada migliore per crescere..
Opinione dalla Francia: vivo qui da 20 anni e ho smesso di remare
in italia quando ne avevo 30. Sono ingeniere di ricerca e lavoro sulla rinaturazione di fiumi e laghi…che puo’ sognare di più bello una canottiera!! Ho provato a smettere di remare, qualche anno,il tempo di fare i figlioli, ma poi la nostalgia del fiume si è fatta troppo forte e ho ripreso come veterana…ero un’atleta mediocre in italia ma sono record di francia di remoergometro veterani dal 2013, fa ridere..ma è solo per partecipare alla querela…l’italia mi manca!
Dopo aver seguito l’allenamento nielsen alla fine degli anni 80, tutto imperniato sull’eleganza del gesto e sulla leggerezza dell’entrata, sono passata come tutti all’allenamento koerner….se mi ricordo bene 40 km al giorno di fondo sostenuto a 20-22 colpi o giù di li’, infiniti…ma mi sembra di averli ancora un po’ nelle gambe quei km li’ e quella sensazione di potenza nella spinta..un canottaggio deciso e pieno.
E poi fu La Mura
e le 6-8 ore di allenamento al giorno, i 20 km di corsa di riscaldamento prima dei pesi a esaurimento e le domeniche dei 100000 percorsi che non ti senti neanche più il culo e leggi in questi dettami tutto il disprezzo per la diversità umana, lo sai che ti spezzi e ti fai male per uno sport che adori e lo fai lo stesso, e arrivi al punto di detestare quello sport che amavi perchè non ne puoi più, prendi la bici e vai ad allenarti all’alba, poi vai all’univesrità, poi torni ad allenarti, vai a lavorare in piscina, vai a dormire e per sentirti viva magari hai un fidanzato vai a pogare ti fai un concerto vai una mostra…eh? ma in nome di quale dio si può chiedere uno sforzo simile?
Dopo qualche anno di alienamento La Mura, partorire è come bere un bicchiere d’acqua fresca..
Per venire all’esperienza francese..il mio record è superiore di 8 secondi a quanto facevo all’epoca la mura.20 anni dopo, con un’allenamento alla ventola alla settimana di mezz’ora ( 10′ di riscaldamento + 3 piramidali) + 1000 m di piscina, qualche decina di km in bici e un’uscita in barca la domenica di 14 km di fondo…qui lo chiamano B1 mi sembra
insomma la vita sportiva di una persona di 40 anni che lavora ha dei figli e vive
Quanto si allenavano gli junior francesi del mio club? pochissimo! facevano solo fondo, al massimo 16 km, si allenavano 4 volte a settimana e meno ancora sotto esami + 1 volta di fondo libero bici, nuoto, pattini..quello che volevano e alle gare sono tantissimi.
E la francia ha tirato su delle belle barche in questi ultimi tempi..che accompagnare gli atleti come se fossero degli individui sia un buon investimento?