
La fatica non è mai sprecata. Soffri ma sogni. Lo diceva Pietro Mennea ed è un pensiero applicabile anche all’operato di Matteo Castaldo. Il capovoga del 2 senza azzurro dell’ultimo biennio, infatti, lotta, suda e sogna da molti anni. Nessuna scorciatoia, nessun privilegio e nessun occhio strizzato dalla Dea Bendata. Non appartiene ad alcun gruppo sportivo militare. Nasce alla Canottieri Napoli, poi passa al RYC Savoia dove a prendersene cura c’è un vero e proprio Angelo custode. “Il mio nuovo percorso iniziato è nel 2011 con Andrea Coppola. Mi ha fatto rinascere, sia fisicamente con gli allenamenti che ben conosci, sia psicologicamente visto che ritengo Andrea uno dei più grandi motivatori del nostro sport”. In quest’intervista, parliamo a ruota libera con Matteo Castaldo. Scoprirete così l’homo faber fortunae suae, colui che è artefice del proprio destino.

Matteo, ogni esperienza ci lascia un insegnamento. Quale avevi tratto, dopo Chungju, nel 2013 e quale, invece, raccogli dopo Amsterdam?
“Dopo questi due Mondiali, l’insegnamento ricevuto è che inevitabilmente il livello si alza sempre di più e di conseguenza bisogna diventare ancora più maniacali nella ricerca di ogni piccolo particolare che ti può far guadagnare anche solo un decimo. Non essendo un atleta forte, è l’unico modo che ho per poter competere contro i giganti di questo sport. Insomma, non bisogna avere paura di lavorare troppo anche perché sappiamo da diverse fonti che le altre nazioni fanno quotidianamente tre, addirittura quattro allenamenti al giorno”.

Il due senza Di Costanzo-Castaldo è sempre il migliore in Italia, quest’anno avete avuto una maggiore concorrenza interna. Che significato ha avuto?
“La concorrenza in due senza è sempre stata alta. So perfettamente di non essere il solo in grado di far andare forte il due senza e ne abbiamo avuto la dimostrazione alla seconda Trio quando quei “disgraziati” di Peppe e Matteo ci hanno battuti di un soffio (un decimo n.d.r.). L’iscrizione di un altro due senza, quello di Vincenzo e Giovannone, a Lucerna non ha minato in alcun modo il mio percorso verso Amsterdam, anzi, è stata solo una motivazione in più per fare il miglior risultato possibile… Per me, è giusto che a tutti vengano date quante più possibilità per mettersi in evidenza”.
Ok non ci sono più aggettivi per Murray e Bond, ma ti aspettavi anche l’esplosione del Sudafrica? Quanto, a tuo avviso, il verdetto di Amsterdam è condizionato dal campo di regata?
“Per me il Sudafrica è stato molto fortunato. Abbiamo visto tutti cosa accadeva in acqua 1, a mio avviso il terzo posto doveva andare agli USA che hanno condotto una grande gara fino a 1200 metri, prima che i sudafricani godessero dei favori della corsia preferenziale. Ad ogni modo, sono stati bravissimi a sfruttare quelle condizioni a loro favore. Sono anni che ad Amsterdam, quando sale il vento, i verdetti vengono falsati. Non devo sicuramente essere io a dirtelo, ovviamente poi ognuno trae le proprie conclusioni a seconda di come gli conviene”.
2015, obiettivo qualificazione olimpica. Resti legato all’idea del 2 senza oppure potranno esserci sorprese?
“Per il 2015 l’obiettivo è qualificare le barche, non mi precludo niente. Il desiderio è cercare di essere sempre su quelle più veloci, ma come ogni anno saranno le Trio e le prove di Coppa del Mondo a determinare la composizione degli equipaggi”.
In questi due anni vissuti a gomito a gomito, hai scoperto il più grande pregio ed il più grande difetto di Marco?
“Su Marco che ti devo dire? E’ un ragazzo serissimo, un instancabile lavoratore. Quando trovi uno così, che difetti gli puoi accreditare?”.

Eri fuori dalla Nazionale nello scorso quadriennio e non ti sei arreso. Non appartieni a un gruppo statale ma, a 29 anni, lotti con la forza di chi ogni giorno deve dimostrare qualcosa. Quale è la molla che ti fa scattare dentro tutto questo?
“Dimostrare a tutti quelli che in passato non mi hanno dato un centesimo falso in mano, quelli che TU stai facendo di tutto per far ritornare, che SI SBAGLIAVANO. Ovviamente tutto questo non sarebbe possibile se non avessi la mia famiglia alle spalle e di questo, non gliene sarò mai grato abbastanza. Indifferentemente dal fatto che riesca o meno a raggiungere il mio obiettivo mi stanno dando la possibilità di vivere un sogno. Tutto questo non ha prezzo!”.
Per Rio de Janeiro, quindi, niente fioretti…
“Caro Marco, chi come me dedica tutta la sua vita a questo sport non credo abbia bisogno di fare fioretti. Stare lontani da casa tanto tempo e allenarsi duramente tutti giorni, credo basti e avanzi… Per fortuna, il tutto è condito da un gruppo di atleti, allenatori e dirigenti che rappresentano una seconda famiglia per me”.
E allora fammi volare alla possibile Roma 2024: l’ho chiesto a Romano, lo richiedo anche a te. Tu dove ti vedi tra 10 anni?
“Cercherò di trasferire tutta questa dedizione e quest’impegno nel lavoro insieme a mio padre. Credo sia il minimo, dopo tutto quello che ha fatto per me in questi anni”.
Foto Mimmo Perna
siccome l’amico Matteo mi tira in ballo con una sua opinione, assolutamente rispettabile, ci tengo a sottolineare che criticare, anche in maniera forte, una gestione non significa automaticamente invocare a gran voce il ritorno di quella precedente. Neppure, come nel mio caso, se è quella che ha voluto scommettere su di te dandoti la grande occasione di mettere le tue capacità al servizio del Canottaggio italiano.
Penso al presente, ai 2 anni che ancora abbia davanti e il desiderio più grande è raccontare nuove e vincenti storie firmate dagli amici con cui ho condiviso un quadriennio di gioie e dolori. Non voglio un’altra Londra. Se il “prezzo” fosse quello di rimanere fuori dalla Federazione altri 4, 8, 12 o magari 16 anni oggi come oggi sarei certamente pronto a pagarlo. Anche perché sono felice di trarre uguale soddisfazione dalla mia attuale attività lavorativa e, allo stesso tempo, non esser isolato dal mio mondo grazie a CanottaggioMania.
Scusate la precisazione, ma ritenevo fosse doverosa.
Ciao Matteo,
ho letto solo oggi questa intervista, dieci anni fa, anzi ormai 11 sei stato insieme ai tuoi compagni di avventura del quattro senza p.l u23 un mio gradito ospite a casa per diversi mesi, prima non ti conoscevo ma da quell’estate in poi, ho seguito tutta la tua carriera agonistica. Spesso ho parlato assieme a tuo papà, e lui con la gioia che ha sempre negli occhi quando parla del suo Matteo, mi teneva aggiornato della determinazione e devozione che hai avuto nel periodo nel quale sei stato messo da parte, e di questo hasempre ribadito che è un tuo gran merito, l’essere cocciuto e determinato.
Devo pero’ spezzare una lancia a favore di un atleta che negli anni ha subito il tuo stesso trattamento.
Penso ricorderete tutti Gardino Pellolio.
Ho remato con lui tutto l’anno di militare quindi parliamo della stagione 1999 / 2000 l’ho rivisto poi a Genova ai mondiali u23 come riserva p.l poi basta.
Eppure negli anni l’ho visto vincere il Memorial in singolo, sempre medagliato ai campionati italiani, buoni piazzamenti alle tris o gare nazionali, ma al momento decisivo cioè il mondiale non esisteva.
Nel 2005 e nel 2006 diventa campione del mondo in 4x.
E’ vero non è barca olimpica, e tutto quello che si dice sul 4 p.l o l’otto ma quello che voglio dire è, capisci che esisterà una via di mezzo tra l’essere campione del mondo e non fare neppure il mondiale.
Come per te essere fuori un’anno e l’anno dopo prendersi la medaglia nel 2- senior a Lucerna.
Credo, spero e forse sono un illuso a pensare che il nostro mondo fic agisca in questo modo (mi riferisco agli atleti/allenatori) in buona fede,
poichè anche se da terra o davanti ad un computer remiamo tutti sulla stessa barca, quella tricolore. L’importante è che sia la prima a tagliare il traguardo con chi non importa.
La vita fuori dalla barca è uguale, l’importante indipendentemente da chi ci governa, allena , o giudica è andare avanti, e come hai fatto tu, Gardino e tanti altri non mollare mai in ogni circostanza ed in ogni situazione, perchè oggi è un posto in barca, domani è una posizione nel mondo del lavoro, nel nostro piccolo noi canottieri siamo invincibili, e quando la vita ci presenta il conto, la sappiamo affrontare.
A me lo sport e la mia famiglia ha insegnato questo, giusto criticare, lo faccio e l’ho fatto molte, volte ma alla fine è solo la determinazione e la voglia di fare che ti da il piacere di vivere ogni giorno come una finale olimpica.
Quello che reputi di aver subito, mille altre persone in altre realtà, sport o lavoro lo hanno subito, l’importante è trarre insegnamento anche da questo e andare avanti.
ci vediamo sui campi in bocca al lupo per tutto
Joas